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Energia dagli oceani, il piano d'azione europeo

29/1/2014

 
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L'Europa scommette sull'energia oceanica rinnovabile: la Commissione ha infatti recentemente presentato un piano d'azione che punta a incentivare lo sviluppo del settore dell'energia dagli oceani per favorirne un'autentica industrializzazione e fornire un contributo determinante alla decarbonizzazione dell'economia Ue.

“I mari e gli oceani dispongono del potenziale per creare un’ingente crescita economica e i posti di lavoro così necessari in questo momento”, ha dichiarato Maria Damanaki, commissaria europea per gli affari marittimi e la pesca, che ha presentato il piano insieme a Günther Oettinger, commissario europeo responsabile per l’energia. “Aiutando il settore dell’energia oceanica a raggiungere il suo pieno sviluppo”, ha aggiunto Damanaki, “potremo sfruttare questo potenziale grazie all’innovazione, garantendo nel contempo all’Europa un’energia pulita e rinnovabile.”

Lo sfruttamento dell'energia 'blu' degli oceani include tutte le tecnologie per la raccolta delle energie rinnovabili dai mari e dagli oceani, come ad esempio la possibilità di sfruttare il moto ondoso e l’energia mareomotrice, mentre resta fuori da questo ventaglio di possibilità l'eolico offshore.

Secondo l'Ue, in tempi di crescita costante di fabbisogno energetico, lo sfruttamento dell’energia oceanica migliorerebbe la sicurezza energetica dell'Ue, riducendo la sua dipendenza dalle fonti fossili; allo stesso tempo lo sviluppo in forma industriale dell'energia blu creerebbe posti di lavoro, specialmente nelle zone costiere europee, spesso caratterizzate da elevati tassi di disoccupazione.

Secondo le prime stime Ue, il piano d'azione potrebbe creare tra i 10.500 e 26.500 posti di lavoro permanenti e fino a 14.000 posti di lavoro temporanei nel 2035, ciò sebbene ci siano stime persino più ottimistiche, che parlano di 20 mila posti di lavoro solo in Gran Bretagna al 2035 e 18 mila posti di lavoro in Francia nel 2020.

A bloccare finora lo sviluppo di questa modalità di approvvigionamento energetico sono i limiti piuttosto difficili da superare: i costi elevati, gli ostacoli infrastrutturali, tra cui i problemi di collegamento alla rete o l’accesso ad adeguate strutture portuali e a navi specializzate; le persistenti barriere amministrative, tra complesse procedure di autorizzazione e di licenza, che contribuiscono sensibilmente all'aumento dei costi; senza contare che, precisa l'Ue, va intensificata la ricerca per valutare gli impatti ambientali.

Ora l'Ue, che già ha avviato iniziative sul tema, sembra voler fare sul serio e annuncia la creazione di un Forum per l'energia oceanica, che favorirà la condivisione delle conoscenze e delle competenze esistenti, per creare sinergie, fornire soluzioni creative e dare impulso al futuro sviluppo del settore. L'obiettivo finale è l'ideazione di una tabella di marcia strategica per il settore dell’energia oceanica, che potrebbe successivamente costituire la base per un’iniziativa industriale europea.

FONTE: ingegneri.info

Ue: nuovi target per CO2 e rinnovabili

22/1/2014

 
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La Commissione europea ha stabilito gli obiettivi da raggiugere, nei prossimi quindici anni, in materia di riduzione di CO2 (40%) e utilizzo delle energie pulite (27%).

"Un taglio del 40% nelle emissioni di gas serra rappresenta un obiettivo particolarmente ambizioso ed è la pietra miliare più efficace, in termini di costi, nel nostro percorso verso un'economia a basse emissioni – ha dichiarato il presidente della Commissione Ue, José Manuel Barroso, come si legge in un lancio dell’agenzia Ansa - Anche l'obiettivo di raggiungere il 27% di energie rinnovabili è un segnale importante: rappresenta stabilità per gli investitori, stimola l'occupazione verde e rende più sicure le nostre forniture energetiche".

"Proponiamo di non avere più target nazionali come quelli che abbiamo adesso, perché rischiano di frammentare il mercato interno, mentre possiamo raggiungere un obiettivo Ue in maniera più efficace”, ha proseguito Barroso, che in materia di rinnovabili prevede maggiore flessibilità per gli Stati membri e la garanzia di un nuovo sistema di governance. "Sarò chiaro su questo: gli Stati membri rimangono liberi di definire i loro obiettivi sulle rinnovabili, premesso che rispettino le regole Ue sugli aiuti di Stato, che stiamo rivedendo per assicurare che non ci siano distorsioni come in passato, proprio a causa dei target nazionali, con eccessivi incentivi alle rinnovabili".

A seguito della diffusione della notizia sono iniziati i commenti degli operatori delle rinnovabili, con alcune critiche. In particolare, una nota dell’Ewea (European Wind Energy Association) giudica insufficiente l’obiettivo del 27% di rinnovabili, considerato anche il Parlamento europeo si era già espresso in modo favorevole a un target del 30%, che avrebbe creato 560mila nuovi posti di lavoro in Europa e consentito risparmi sull’importazione di combustibili fossili, con vantaggi per la salute dei cittadini.

"La Commissione europea, che in passato si era dimostrata lungimirante e ambiziosa, è diventata l'ombra di se stessa e si nasconde dietro a paesi come il Regno Unito e ad alcune lobby – ha dichiarato Thomas Becker, Ceo di Ewea – Con questa decisione, il presidente Barroso sembra aver dimenticato i suoi precedenti inviti a una maggiore integrazione europea in materia di politica energetica". 

"I capi di Stato dell’Ue devono ora dare prova di leadership e concordare obiettivi ambiziosi, per il 2030, in materia di clima ed energia e consentire al settore dell'energia eolica, leader nel mondo, di rendere l'Europa più prospera e sicura", ha concluso Becker.

In Italia, Anev, l’Associazione Nazionale Energia del Vento, ha diramato un comunicato in cui si criticano gli obiettivi poco ambiziosi e si chiede un intervento immediato del Governo italiano: “Ci si aspettava almeno un 55% come target di riduzione, la riforma del sistema dell’emission trading, il 45% di Fer in più e l’inserimento di vincoli per le rinnovabili nei singoli Stati membri. Anev ora si aspetta che il Governo si impegni finalmente a rimuovere gli ostacoli, posti al settore rinnovabili e all’eolico in particolare, che con gli ultimi provvedimenti stanno aumentando e vincolano lo sviluppo delle rinnovabili più efficienti, strumento indispensabile per raggiungere gli obiettivi posti dalla Commissione europea. L’eolico rappresenta oggi un settore con oltre 30mila addetti, in grado di creare tecnologia ed esportarla, all’avanguardia in servizi e componentistica per l’eolico a livello europeo e capace soprattutto di creare energia pulita. Tutto questo rischia di essere compromesso da provvedimenti poco lungimiranti, penalizzanti per le aziende del settore che, già in declino, rischiano il fallimento. Si tenga conto degli obiettivi imposti dalla Commissione europea e si promuovano con i dovuti strumenti settori promettenti ed efficienti come quello eolico”.

Il Coordinamento Free, Fonti rinnovabili ed efficienza energetica, che raggruppa più di trenta associazioni del settore, ha espresso il suo "pieno consenso per l'ipotesi di definire l'obiettivo di abbattimento di CO2 al 40%, mentre l'indicazione minima del 27% per le fonti rinnovabili è certamente riduttiva rispetto alle potenzialità di queste fonti, ma sarebbe comunque un passo in avanti perché riafferma l'importanza di definire un obiettivo anche per le rinnovabili e, trattandosi di un livello minimo, rappresenta uno stimolo per azioni a livello nazionale con l'obiettivo di contrastare al massimo il cambiamento climatico. Il Coordinamento Free si aspetta una coerente presa di posizione a livello comunitario anche del Governo italiano".

A livello di associazioni ambientaliste, il Wwf si è detto deluso dalle deboli politiche europee. ”Dopo mesi di attesa la Commissione ha riconfezionato un rallentamento della riduzione delle emissioni e della diffusione delle energie rinnovabili, chiamandolo un ‘pacchetto ambizioso’ - ha spiegato Jason Anderson, responsabile Clima ed Energia - Il quadro dipinto dalle proposte di politica energetica è deprimente: l’obiettivo di efficienza energetica è stato rinviato, la cancellazione dell'enorme eccesso quote gratuite di emissioni di carbonio nell'emissions trading scheme è stato posticipato; l'impegno di dettare regole di precauzione per la sicurezza della popolazione e dell'ambiente nella legislazione sul gas di scisto, lo shale gas, della Ue è stato ugualmente differito e i lobbisti dei combustibili fossili dormiranno bene stanotte. Spetta ai governi degli Stati membri di mostrare la leadership politica necessaria per ispirare l'Europa verso una rivoluzione industriale ed economica che favorirà sia le persone che il Pianeta".

Vittorio Cogliati Dezza, presidente di Legambiente, ha detto che "Il libro bianco Clima-Energia 2030 adottato oggi dalla Commissione europea rappresenta una preoccupante e pericolosa retromarcia rispetto agli impegni assunti finora dall'Europa per contenere il riscaldamento globale sotto i due gradi. Gli obiettivi comunitari al 2030 proposti oggi - 40% di riduzione delle emissioni di CO2 e l'aumento non vincolante per gli Stati membri al 27% di rinnovabili - purtroppo non consentono all'Europa di mettere in campo una forte e coerente azione climatica in grado di invertire la rotta. Per contenere il surriscaldamento sotto i due gradi ed evitare la catastrofe climatica, l'Unione europea deve impegnarsi a ridurre almeno del 55% le emissioni interne entro il 2030 -  ha proseguito Cogliati Dezza - e contemporaneamente impegnarsi a raggiungere il 45% di energia rinnovabile e tagliare il consumo di energia del 40% per portare avanti una reale transizione verso un sistema energetico a zero emissioni di carbonio.  Si tratta di obiettivi che il nostro governo deve sostenere con forza per giocare da protagonista l'importante ruolo che è chiamato a svolgere nei prossimi mesi, a partire dal Consiglio europeo del prossimo 21 marzo, e soprattutto con il semestre di presidenza italiana dell'Unione europea".

Secondo Francesco Ferrante, esponente di Green Italia, “Delude il libro bianco Clima-Energia 2030 adottato oggi dalla Commissione europea. Tajani svolge evidentemente un ruolo di retroguardia. L’obiettivo del 27% di energia da produrre con fonti rinnovabili  fissato solo per l’Europa nel suo complesso ma non vincolante per i singoli paesi membri è una scelta sbagliata  e chiaramente dettata dalla volontà di qualche stato di rallentare sulla strada che porta agli obiettivi prefissati. E a metter mano al freno ha concorso anche il vicepresidente della Commissione Ue Antonio Tajani, che mai ha dimostrato di volere per l’Europa una politica di convinto sostegno alle energie rinnovabili”.
 
“Questa - continua Ferrante -  è un'Europa che gioca in retroguardia, e che sul piano internazionale si condanna a giocare un ruolo non da protagonista.Occorre una posizione meno prudente e maggiormente unitaria, sulla scorta di quanto ha fatto il ministro dell’Ambiente italiano Orlando insieme ai suoi colleghi tedesco, inglese e francese, con la  richiesta formale  affinchè l’Unione europea fissi non solo al 40% il taglio delle emissioni di gas climalteranti entro il 2030, ma anche obiettivi vincolanti su rinnovabili e efficienza. Nella consapevolezza che anche  all’interno del Governo le posizioni divergono non poco sull’argomento, con il fronte di chi rema contro e sensibile ai richiami di Confindustria capeggiato dal ministro dello Sviluppo economico Zanonato, ci auguriamo che il ministro Orlando convinca l’esecutivo a sposare la sua posizione, perchè l’Italia si batta in sede di Consiglio europeo, il quale dovrà esprimersi su questa deludente proposta della commissione”.
 
Anche dal mondo della politica sono arrivate reazioni. Monica Frassoni, co-presidente dei Verdi europei, ha criticato Barroso parlando di “rinuncia dell’Europa al suo ruolo guida nelle politiche climatico-energetiche".


FONTE: zeroemission.tv

Bollette elettriche, nel 2014 salasso da 2,1 miliardi a carico delle Pmi e famiglie

17/1/2014

 
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Non utilizzare le bollette elettriche delle Pmi come bancomat per finanziare misure economiche con risorse che invece vanno cercate altrove e con criteri di maggiore trasparenza ed equità”. Lo chiede con forza Confartigianato, che in una nota denuncia l'insostenibile aumento degli oneri generali di sistema che andranno a pesare sul costo finale dell'energia.

2,1 miliardi in più a carico delle Pmi e famiglie

In base alla delibera 641/2013 dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas sull'aggiornamento degli oneri, Confartigianato ha calcolato che “per le bollette elettriche delle Pmi e delle famiglie il 2014 si apre con un conto salatissimo, pari a 2 miliardi 137 milioni di euro in più rispetto al 2013. Una cifra che deriva da una serie di misure come le agevolazioni per le grandi imprese energivore, che valgono 1,2 miliardi e che finiscono per essere finanziate dalle piccole imprese e dalle famiglie. Le Pmi in bassa tensione con potenza impegnata superiore a 1,5 kW subiranno nel primo trimestre 2014, un aumento complessivo degli oneri pari al 7 per cento, il cui costo passa da 63,66 euro/MWh a 68,36 euro/MWh.

A gonfiare le bollette elettriche di famiglie e piccole imprese saranno anche – aggiunge Confartigianato - i 300 milioni per finanziare la sospensione dell’IMU e, salvo ripensamenti, i 60 milioni l’anno necessari per finanziare una centrale a carbone prevista nel Decreto legge ‘Destinazione Italia’ e che, secondo la stessa Autorità per l'energia, non rientra nelle esigenze del sistema elettrico nazionale”.

Nel DL Destinazione Italia misure insufficienti ad abbassare i costi energia

“Una situazione insostenibile per artigiani e piccoli imprenditori - dichiara il presidente di Confartigianato Giorgio Merletti - che deriva da disposizioni, come le agevolazioni per le imprese energivore, assunte dal Governo Monti e confermate dall'attuale Esecutivo. Anche il Decreto Legge 'Destinazione Italia' contiene misure dall’effetto incerto e inadeguate ad abbassare i costi dell'energia per le Pmi”.

Spostare sulla fiscalità generale gli oneri


Confartigianato chiede “un intervento immediato per spostare sulla fiscalità generale e redistribuire in modo più equo il peso degli oneri che oggi gravano sulla bolletta elettrica delle piccole imprese, portando il costo dell'energia ben al di sopra della media Ue”.

FONTE: CASAeCLIMA


Arrivano le pile ad acqua, le nuove batterie eco-friendly

14/1/2014

 
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Aquacell ha lanciato pochi giorni fa le innovative pile derivate tra l’altro da fonti rinnovabili
MILANO – Basta immergerle qualche minuto in acqua perché la batteria entri in funzione. Non solo: a differenza delle pile tradizionali sono anche prive dei metalli pesanti e altri materiali pericolosi come l’idrossido di potassio. L’innovazione è stata sviluppata e lanciata sul mercato da Aquacell ed è destinata, negli auspici dei creatori, a razionalizzare l’uso dell’energia dando così una mano anche alla salvaguardia delle risorse naturali.

L’IMPORTANZA DELL’ACQUA – L’acqua dà vita a qualunque cosa e da oggi anche alle batterie a basso consumo di media potenza. Per intenderci quelle che sono ampiamente utilizzate nella vita quotidiana attraverso telecomandi, apparecchi Led, radiosveglie ecc. E proprio attraverso la semplice immersione in acqua, soltanto per qualche minuto, queste innovative pile sono “condotte alla vita” dall’elemento vitale per eccellenza. In più, fa sapere l’azienda, i processi produttivi sono all’insegna della responsabilità perché ancora una volta viene data attenzione alla preziosa risorsa: queste batterie, infatti, non necessitano di acqua per essere fabbricate e, di conseguenza, viene eliminato a monte anche il problema del trattamento dei liquidi reflui e tossici di produzione.

PILE ECO-FRIENDLY – Anche i materiali con cui sono prodotti rispecchiano la necessità di rispettare l’ambiente e non sottrarre risorse preziose alla natura. A partire delle materie prime che provengono da fonti sostenibili. A differenza delle batterie alcaline, che utilizzano un involucro in acciaio, Aquacell impiega plastica riciclata per confezionare il suo prodotto che risulta anche notevolmente leggero con i suoi 12 grammi di peso. In più, queste pile sono anche prive della maggior parte dei metalli pesanti e altri materiali pericolosi che troviamo comunemente nelle batterie normali. Questo fa sì che, oltre alla tutela della salute – soprattutto dei più piccoli – a giovarne siano anche le risorse minerarie che restano fuori dal ciclo produttivo.

FONTE: inabottle.it



SEU, ecco i punti che la delibera chiarisce: ora possono partire

13/1/2014

 
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I sistemi efficienti di utenza, o SEU, soprattutto in questo ultimo anno, sono stati al centro dell'attenzione degli operatori delle rinnovabili e della cogenerazione. Questi sistemi permettono in particolare di realizzare modelli di business per fare fotovoltaico in grid-parity, cioè senza incentivi. Finora però questo strumento, definito dal decreto legislativo 115 del 2008, è rimasto sostanzialmente sulla carta, paralizzato dall'incertezza lasciata da una normativa incompleta.

Da metà dicembre però, con la pubblicazione della delibera dell'Autorità, la 578/2013, la situazione si è sbloccata e molti punti oscuri sono stati chiariti e regolati, permettendo finalmente di mettere in pratica questo nuovo modo di vendere l'energia, producendola direttamente a casa del cliente-consumatore. Ci siamo fatti spiegare la nuova normativa dall'avvocato Emilio Sani dello studio legale Macchi di Cellere Gangemi.

Avvocato Sani, iniziamo spiegando in breve cosa sono i SEU e perché interessano tanto al mondo delle rinnovabili.

L'acronimo sta per sistema efficiente di utenza. Sono sistemi di autoconsumo per i quali nello stesso sito c'è un produttore e un consumatore, che possono essere anche soggetti diversi. Il grosso vantaggio di questi sistemi è il fatto che l'energia autoprodotta in situ non paga gli oneri di trasmissione e distribuzione né gli oneri generali di sistema. Quindi c'è un risparmio per il consumatore di energia elettrica che arriva quasi a metà del costo rispetto a quella prelevata dalla rete pubblica. Per l'Autorità questo è un incentivo indiretto. Se sia in realtà un incentivo o un diritto, visto che questa energia non passa per la rete pubblica, è una questione che trascende l'analisi giuridica ed entra in quella politica; senz'altro comunque il vantaggio con i SEU è consistente ed è per questo che con la fine degli incentivi per il fotovoltaico molti operatori guardano con interesse a queste configurazioni.

Fino a questo momento lo strumento dei SEU è rimasto sostanzialmente inutilizzato, a causa di una normativa incompleta. A metà dicembre finalmente è arrivata la delibera dell'Autorità, attesa dal 2008, cosa cambia con la stesura di queste regole?

Finalmente queste soluzioni verranno realizzate dagli operatori e finanziate dalle banche con maggiore serenità. Oggi il problema è solamente verificare i numeri, ossia la fattibilità economica, mentre prima della pubblicazione della delibera c'era anche quello di capire se ciò che si faceva era conforme alla legge. Un elemento importante della nuova disciplina è il fatto che una volta realizzato il progetto, il GSE riconosce che il sistema è valido come SEU. Una certificazione che l'iniziativa è abilitata ad avere i vantaggi di cui abbiamo parlato che è molto importante per la finanziabilità. Questa certificazione, che il GSE deve rilasciare entro 60 giorni dall'entrata in esercizio, è una delle novità principali introdotte con la delibera 578/2013. Il GSE ora dovrà predisporre un portale dedicato e definire, entro il 31 marzo 2014, le regole tecniche per i dettagli. Se tutto va come deve andare, nel giro di 4-5 mesi, ipotizzando per precauzione un ritardo di un mese o due, dovremmo avere una disciplina estremamente dettagliata che cancella ogni incertezza.

A livello economico uno dei problemi dei SEU è che il business plan è legato ai consumi del cliente, un rischio che si può mitigare nettamente se al SEU si abbina lo scambio sul posto. Cosa dispone la delibera Aeeg da questo punto di vista?

Il futuro dei SEU è sicuramente legato allo scambio sul posto e, in un'ottica di più lungo termine, a quella che sarà l'evoluzione dei sistemi di stoccaggio. Mentre nei precedenti documenti di consultazione c'erano state delle posizioni contraddittorie, ora la delibera 578/2013 ha finalmente chiarito quando si può fare lo scambio sul posto e quando non si può fare. Si può fare quando produttore e consumatore coincidono oppure quando il consumatore di energia gestisce non solo l'acquisto dell'energia, ma anche la vendita in rete delle eccedenze. Al fine di consentire ciò la delibera 578 ha modificato anche il testo integrato sullo scambio sul posto.

Un problema dei SEU finora irrisolto era di capire cosa succedeva in caso di morosità del cliente nei confronti del suo fornitore di elettricità dalla rete pubblica, con relativo distacco del punto di connessione. Il timore era che, qualora il cliente subisca un distacco dalla rete, potesse essere danneggiato anche il produttore che aveva realizzato, ad esempio, l'impianto fotovoltaico sul suo tetto. Infatti, a seguito del distacco del punto di connessione, che è unico, egli non avrebbe più potuto immettere l'energia dell'impianto nella rete. Come si è regolata questa eventualità?

La società distributrice prima di staccare il punto di connessione è obbligata a inviare una notifica al produttore. Il produttore se vuole prevenire il rischio in questione, cioè di rimanere isolato dalla rete, può richiedere in qualsiasi momento una connessione di emergenza, che gli consenta di immettere l'energia in rete. Questo tipo di collegamento ha anche delle regole semplificate perché la delibera stabilisce che, se la connessione richiesta è di potenza uguale o minore a quella del punto di connessione principale, questa deve essere considerata già disponibile e non può essere subordinata all'esecuzione di altre opere o alla soddisfazione di altri requisiti.

Uno degli ostacoli alla diffusione dei SEU fonora è stata la difficoltà da parte degli uffici locali dell'Agenzia delle Dogane di inquadrarli ai fini della normativa sulle accise. Come sì è risolto questo problema?

Sì, era un ostacolo notevole. Quando si trattava di chiedere la licenza di officina elettrica, obbligatoria per tutti gli impianti a rinnovabili di potenza superiore ai 20 kW che autoconsumano una parte dell’energia prodotta, i funzionari non riconoscevano questi sistemi perché non erano né sistemi di autoproduzione classici, né sistemi di vendita diretta. Di conseguenza l'ottenimento della licenza poteva richiedere moltissimo tempo o addirittura essere negato. Ora, nella delibera 578/2013, l'Autorità per l'Energia riferisce di aver presentato in modo ufficiale all'Agenzia delle Dogane i SEU, in modo che la stessa possa inquadrarli dal punto di vista della normativa sulle accise.

Cosa succederà ora per l'energia prodotta e consumata nei SEU: sarà gravata da accise o ne sarà esente?

Questo è un discorso che deve essere chiarito dall'Agenzia delle Dogane, in quanto la parte fiscale esula dalle competenze dell'Autorità. I vari uffici locali finora hanno avuto interpretazioni diverse; l'Agenzia, a seguito della consultazione con l'Aeeg, ora potrebbe aver già deciso che interpretazione dare, ma non si è ancora pronunciata. Probabilmente lo farà presto a seguito di un interpello da parte di qualche operatore.

A parte questo punto ancora da chiarire, possiamo dire che ora la normativa è sufficientemente definita da permettere il diffondersi di questi modelli di business?

Sì. La delibera ha regolato tutti i punti principali. È ora chiaro che il titolare del punto di connessione deve essere il consumatore di energia, che il regolamento di esercizio deve essere sottoscritto da produttore e consumatore; si è chiarito anche l'aspetto più controverso, quello sullo scambio sul posto, mentre i rapporti che riguardano la compravendita di energia prodotta e autoconsumata all'interno del SEU, tra produttore e cliente, sono rapporti di diritto privato, sui quali l'Aeeg non ha voce in capitolo. Direi che ci siamo, anche se ci sarà un periodo di alcuni mesi in cui l'operatività sarà differita, in attesa delle regole applicative che il GSE dovrà pubblicare.

FONTE: qualenergia.it

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